La protesta di Feyisa

Le olimpiadi possono essere una occasione per le minoranze etniche, religiose o razziali di rivendicare il proprio diritto ad esistere davanti al mondo intero. Celebre è il caso dei velocisti afroamericani Carlos e Smith alle olimpiadi del Messico nel 1968, sul podio col braccio alzato ed il pugno chiuso, per protestare contro il regime di segregazione razziale degli USA.

A Rio 2016 all’arrivo della maratona abbiamo visto di nuovo un gesto di protesta eclatante: il maratoneta etiope Feyisa Lilesa, secondo classificato, all’arrivo incrocia le braccia sulla testa a simulare un prigioniero in catene.

Lilesa fa parte della etnia degli Oromo, l’etnia più numerosa dell’Eritrea (circa il 35%), già oggetto nel secolo in corso, come molte minoranze africane, di prevaricazioni e persecuzioni. L’etnia Oromo è fra quelle più colpite dal piano di urbanizzazione del governo di Addis Abeba, a capo del quale vi sono rappresentanti della contrapposta etnia Amhara.  Sono quasi interamente Amhara gli appartenenti alle forze dell’ordine che, in occasione di recenti proteste lo scorso gennaio si sono particolarmente accanite contro gli Oromo causando 140 morti fra i manifestanti.

Il governo Eritreo ha messo in atto politiche molte serie di sviluppo economico. Scrive la rivista Africa: “secondo il Fondo monetario internazionale, tra il 2015 e il 2020, l’economia etiope crescerà a una media dell’8,0%, ben al di sopra dela performance subsahariana che, pur buona, si ferma al 5,1%. L’Etiopia, peraltro, è anche uno dei Paesi africani che hanno compiuto i passi maggiori verso gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, di cui dovrebbe raggiungerne almeno sei, forse addirittura tutti e otto. La mortalità dei bambini sotto i 5 anni, ad esempio, è stata considerevolmente ridotta, calando da 123 casi su 1000 nati vivi nel 2004 a 88 su 1000 nel 2010.”

Ciò non toglie che in Etiopia la maggior parte della popolazione viva ancora con un reddito di poco più di un dollaro al giorno e che l’Indice di sviluppo umano sia uno dei più bassi al mondo.

Essendo il governo però Eritreo partner forte dell’UE, come spesso accade, si chiudono gli occhi di fronte a queste prevaricazioni che sembrano essere archiviate come “incidenti di percorso” nel cammino di sviluppo dello stato subsahariano. Già nel gennaio 2016 rappresentanti dell’etnia Oromo manifestarono di fronte a Bruxelles chiedendo la scarcerazione degli oppositori al governo di Addis Abeba e la fine delle persecuzioni: di fatto l’etnia preponderante si vede emarginata anche nei propri territori e progressivamente esclusa dallo sviluppo etiope.

Lilesa, che ora teme per la sua vita, potrebbe non rientrare in Etiopia ma, dopo un periodo in Brasile, fermarsi in Kenya.

GR

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